giovedì 27 dicembre 2007

la scommessa

Proff la ricordo ke noi avevamo una scommessa ke terminava il 7 gennaio e se lei nn riesce a fare quello ke doveva fare io mi salto qualkosa a mia scelta nn selo scordi.

Gianmarco Di Lernia

sabato 22 dicembre 2007

io al Teatro Massimo Bellini!!


Mio Padre da qualche anno ha L'abbonamento ed il palco al teatro massimo e mi ha pregato di andare con lui spesso ma io ho sempre rifiutato da ignorante pensando ke la musica classica fosse diciamo una cosa da vecchi e pallosa invece mi si è presentata in maniera diversa.Venerdi 22 dicembre mi salto la scuola evitando la cazziata della proff perchè nn ero venuto al compito e alle 11.00 appena svegliato ricevo una telefonata da mio padre: << Giamma ti ho preso il biglietto per venire stasera con me al teatro>> ed io << Assolutamente no!sai ke mi fa skifo>> lui << daccordo voldire che domani e per tutti i sabati fino a quado non farai 18 anni non andrai al metropolis>> ed io <> mio padre << ahh vestiti elegante ke nn stai uscendo per andare a babbiare cn quei quattro sciallarati dei tuoi amici (scherzando)>> ed io << -.- anke la cravatta>>.alle 8 mi faccio trovare davanti casa mia madre mi ha detto ke sembravo un ragazzo di 18 anni con la giacca a doppio petto cravatta e giubbotto ovviamente elegante in cashmire ma questi sono dettagli...arrivati al teatro ci sediamo nel palco dove eravamo solo io e mio padre leggiamo il giornaletto dove vi era scritto ke per la sera ke seguiva ci aspettavano musiche di schubert e di brahms dirette da Hubert Soudant e suonate dall'orchestra del teatro massimo...ragazzi non potete capire come per la prima volta in vita mia ho apprezzato questa musica fantastica ke non è pallosa come tutti credono se vi capita andate ad ascoltarla perchè ne vale la pena davvero. a fine serata sono andato con mio padre a cenare a capomulini e il freddo ke rompeva il C*** e ho confessato senza essere ipocrita che mi è piaciuta questa musica e gli ho anke detto << prendimi il biglietto per la prossima volta >> e mio padre << sono felice ke ti è piaciuto,magari un giorno porterai i tuoi figli al teatro >> poi sono andato al locale di mio babbo e poi ho dormito da lui. E devo dire di aver passato una splendida serata.
Buon Natale & felice ANNO NUOVO DA Gianmarco Di Lernia ke si solleva dall'incarico di addobbare il blog per natale quindi Gianluca a te L'onore da'mpuniriti stu massu.

Scusate per gli errori ma sono troppo pigro e stanco per poterli corregere.

lunedì 17 dicembre 2007

ed ecco di cosa sono capaci due alunne di IV elementare

Questo racconto è stato scritto da due bambine di IV A della San Domenico Savio. Lo pubblico così come l'hanno scritto.

Il mio primo giocattolo

Mery desiderava da tanto tempo un giocattolo.

Era arrivato il giorno del suo compleanno e Mery chiese a sua madre se le avesse portato un regalo.

La madre disse di no, ma le promise che glielo avrebbe comprato.

La madre uscì e comprò una bambola che aveva un libro in mano e un bottone rosso, la diede a Mery , Mery lesse le istruzioni e vide una parte scritta in rosso.

C’era scritto che non si doveva assolutamente premere il bottone rosso.

Un giorno Mery pigiò il bottone rosso e a quel punto Mery vide una porta dorata con scritto benvenuti nel regno della fantasia.

A quel punto Mery si ritrovò in una grotta di cristallo ed ebbe paura.

Mery vide un castello di cristallo, dove era incisa una parola” Castelcristallo”.

Mery entrò e andò nel paese dei dolci perché aveva fame; visitò tutto il regno della fantasia fino a sentirsi stanca e così tornò a casa. Prima però fu costretta ad affrontare diversi ostacoli ma alla fine ci riuscì.

Da allora Mery imparò la lezione:bisogna sempre fare quello che dicono le istruzioni, anche se in quel regno si era un po' anche divertita .

(fatto da Giorgia Morana e Marianna Lanteri IV A) fine.

ecco di cosa è capace un alunno di I media

Questa poesia è stata scritta da un alunno di I media dell'Istituto Comprensivo "Padre Gabriele Maria Allegra" di Valverde, esattamente della I D. Vale la pena di pubblicarla perchè è davvero splendida!!!!

Il Giorno e la Notte

Il giorno illumina le cose
la notte oscura le case.
Di giorno si realizzano i sogni,
di notte si dorme e si sogna.
Il giorno invita tutti a lavorare,
la notte invita tutti a riposare.
Il giorno e la notte si invidiano a vicenda:
il giorno vince perchè tutti accontenta
la notte perde perchè tutti illude
e addormenta.

Federico Torrisi I D




domenica 16 dicembre 2007

blog natalizio?

allora!!!! chi addobba il blog per Natale?
Bollini....bollini.....bollini.....
A.T.

giovedì 6 dicembre 2007

IL BLOGGGG...


I-L-B-L-O-G-è-M-O-R-T-O!!!! -.-'

venerdì 30 novembre 2007

buonasera prof sn nicky a lunedi dobbiamo finire di vederci i promessi sposi.Venerdi ci spaccheremo la vita al teatro.La prof Calcaterra è...simpaticissima la voglio bene ci sentiamo via msn

mercoledì 21 novembre 2007

per Filippo

Ciao Fili
Guarisci presto.....ci manchi!!!!!
In bocca a lupo
A.T

sabato 17 novembre 2007

bravo Gianmarco

E bravo Gianmarco!!!
Bollino assicurato e un buon voto per la tempestività con cui hai postato la trama del romanzo, così come da me richiesto.
Bravo e ancora bravo.
A. T.

venerdì 16 novembre 2007

Trama dei "Promessi sposi"


I due protagonisti sono Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani di umile condizione del XVII secolo, che progettano di sposarsi. Alla vigilia del loro matrimonio, il capriccio del potente don Rodrigo, un signorotto del luogo, manda all'aria tutto. Don Abbondio, il curato che deve celebrare il matrimonio, è minacciato dai bravi, gli sgherri di don Rodrigo, e per paura si sottrae al suo impegno. Per un caso fortunato, Lucia sfugge al rapimento ordinato da don Rodrigo e con l'aiuto di Fra Cristoforo si rifugia a Monza, in un convento. Qui la superiora suor Gertrude, alla cui protezione è affidata, la inganna, e permette che venga rapita dagli uomini di un criminale, l'Innominato, a cui si è rivolto don Rodrigo. Portata al castello dell'Innominato, Lucia riesce a commuovere l'animo di quell'uomo indurito da tante crudeltà, ma anche tormentato dai rimorsi. L'Innominato si pente e si converte alla fede davanti al cardinale Federigo Borromeo. Lucia è libera e, insieme alla madre, viene ospitata nella casa di don Ferrante a Milano. Nel corso di questi avvenimenti Renzo, che ha raggiunto Milano, viene coinvolto in una protesta contro la mancanza di pane e sta per essere arrestato, ma la folla lo aiuta a fuggire. Riesce poi ad arrivare a Bergamo e a trovare ospitalità e lavoro presso un cugino. Intanto agli orrori della guerra si aggiungono quelli della peste: i Lanzichenecchi, le truppe mercenarie dell'esercito imperiale (calate in Lombardia dalla Germania per dare man forte alla Spagna contro il Ducato di Savoia e la Francia), diffondono il contagio. A causa della peste Milano perde la maggior parte dei suoi abitanti. Anche Renzo e Lucia si ammalano ma riescono a guarire. Finalmente dopo tante tragiche vicende, i due promessi sposi si incontrano nel Lazzaretto di Milano, il luogo dove vengono portati i malati di peste e dove Renzo, disperato, è andato a cercare Lucia. Con l'aiuto di frate Cristoforo riescono a superare gli ostacoli che ancora si frappongono al loro matrimonio e si sposano. Si stabiliscono in un paese del Bergamasco e la loro vita diviene "da quel punto in poi, una delle vite più tranquille, delle più felici e delle più invidiabili". Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli.
by Gianmarco Di Lernia ( pretendo il BOLLINO XD )

sabato 3 novembre 2007

aggiungo


giacchè ci siete, date un'occhiatina anche a questo link http://skuola.tiscali.it/plug.php?e=faq&cid=16
ciao
A.T

PROPOSTA

visitate questo sito http://skuola.tiscali.it/manzoni/promessi-sposi/e poi...........................fatemi sapere cosa può esserci di interessante!!!!!!!!!!!!!!!!!
questo sito è per studenti fannulloni e bla bla bla, ma comunque.........un aiuto dal mondo virtuale non può fare male.
ciao bimbi
Antonella Tiralosi

mercoledì 31 ottobre 2007

speriamo che il mio compito andrà beneee!!!io ho fatto un tema su Leopardi perchè Leopardi è l'autore che abbiamo studiato di più!speriamo bene.

Giamyilgrande

martedì 30 ottobre 2007

pensierino della sera

ciao bimbi
siete pronti per il compito di domani? Mi raccomando, carichi e motivati per questo appuntamento di basilare importanza. In bocca al lupo!!!!
Antonella Tiralosi

sabato 27 ottobre 2007

Oggi vi faccio ballare la samba raga
vincerà la my squadra!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
by filippo

venerdì 26 ottobre 2007

ciao

sono malata!!!! Ho contratto il virus assassino che avete avuto, a turno, praticamente tutti. Oggi, però, nonostante il mal di pancia, tornerò ad allietarvi con le mie "chiacchiere".
La prof malata
Antonella Tiralosi
P.S. Il compito è soltanto rinviato a mercoledì prossimo :)

giovedì 25 ottobre 2007

NIENTE COMPITO!!

evvaiii che bello niente compito in classe, ma una cosa quando lo faremo???

my blog

ragazzi e ragazze questo è il mio blog personale creato con le mie mani questo è il link: ...................................... (scusa Gianmarco, non ho alcuna intenzione di censurare il tuo blog, e infatti in classe parleremo delle motivazioni per cui quel genere di blog non può essere linkato a quello della classe. Noi non facciamo politica di alcun genere, soltanto ci confrontiamo su argomenti alla nostra portata e degni di essere considerati formativi. Se il tuo blog, al contrario, avesse avuto interessi, per così dire, di carattere storico, avresti dovuto inserire dati oggettivi e documenti comprovanti quanto realmente accaduto in quei drammatici anni della nostra storia. Antonella Tiralosi).

Gianmarco Di Lernia

mercoledì 24 ottobre 2007

Oggi niente compito...

Professoressa Tiralosi ma come mai non è venuta oggi? noi eravamo carichi e iper preparati al compito...purtroppo pero la stessa fortuna non puo capitare due volte, eh eh....apparte gli skerzi, a quando il compito?

GIANLUCA THE BOSS

venerdì 19 ottobre 2007

Siiii!!è bella la scritta complimenti!Anche la poesia è bella!Bravoo!

per turi dell'olio

ma perchè turi dell'olio? non è meglio Big Gianmarco o roba simile? Cmq....contento tu...!!!!!!!
Le scritte sono FAVOLOSE!!!!
Bollino assicurato!!!!
Ti piace la quiete dopo la tempesta? Pensavo di smettere con Leopardi e iniziare Manzoni...ma se volete!!!!
la prof
Antonella tiralosi

Per turi dell'olio

Bel lavoro...la scritta e bella se puoi falla piu grande...bel lavoro anche per la poesia!

Gianluca the boss

Nuova scritta...

PROFF e RaGAZZI volevo sapere se vi piace e siete daccordo con la nuova scritta" i ragazzi della 3 C" me ho fatte un sacco di tipi.se qualkuno è contrario basta dirmelo!!

La quiete dopo la tempesta


LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripepete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
È diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.

by tury dell'olio alias Gianmarco Di Lernia.

giovedì 18 ottobre 2007

Bella la poesia. direi molto moderna a mio parere. sarei curioso di vedere la presentazione di power point ma nn trovo il link...

Gianluca the boss

PABLO NERUDA Parral, 12 luglio 1904 – Santiago, 23 settembre 1973 (Premio nobel letteratura 1971)

Ragazzi
vorrei farvi leggere questa poesia di un autore cileno, Pablo Neruda, che scrive in spagnolo,
ma che noi leggeremo in italiano per meglio comprenderlo. In classe vi mostrerò
una presentazione fatta con power point in cui parti di questa poesia
vengono riprese
e associate a immagini strabilianti e a una musica degli ERA che è straordinaria.
Se vi sarà piaciuto...tanto di guadagnato....avrete scoperto perchè vale sempre la pena sapere di più.
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicita'.

per Giamy il grande

BRAVOOOOOO!!!!
Sei stato bravissimo. Sai bene che per me il voto non è ciò che conta veramente, ma un OTTIMO lo meriti anche tu.
Sono davvero molto orgogliosa e il vostro lavoro sarà adeguatamente ripagato!!!!
La prof da "sopprimere"
Antonella Tiralosi
P.S. Silvia ricordi ancora ecc.... non ricordami...(unico piccolo appunto)

mercoledì 17 ottobre 2007

Giamyilgrande

PROOOF!!ho fatto la versione in prosa!!poi mi scrive se le piace e mi dica anche il voto soprattutto!!!!!

Versione in prosa A Silvia(Giamyilgrande)

Silvia ricordi quel tempo della tua vita mortale quando la bellezza risplendeva, negli occhi tuoi, ridenti di gioia e nello stesso tempo schivi, ritrosi che non osano fissare in volto per un delicato senso di pudore e tu, lieta e pensosa stavo per varcare la soglia della giovinezza.
Risuonavano le quiete stanze, e le vie dintorno al tuo continuo canto, quando, intenta a lavori femminili come tessere e filare sedevi, assai contenta di quel bello indefinito avvenire che immaginavi e sognavi.
Era il maggio odoroso:e tu solevi cosi' trascorrere la tua giornata.
Io interrompendo di tanto in tanto gli amati studi e i fogli e i libri su cui mi affaticavo, sui quali si consumavano la mia giovinezza e le mie migliori energie, dai balconi della casa paterna ascoltavo il suono delle tua voce e il rumore prodotto dal telaio mosso dalla tua mano rapida, che stava faticosamente tessendo.
Guardavo, ammiravo il ciel sereno, le strade illuminate dal sole e i campi, e da una parte il mare in lontananza e dall'altra parte i monti.Nessuna parola umana può esprimere quello che io sentivo nell'animo.
Che pensieri soavi che speranze che sentimenti o Silvia mia!
Come è bella piena di promesse allor ci apparirà la vita umana e il destino!
Quando ripenso alle nostre grandi speranze, mi sento opprimere da un sentimento doloroso e inconsolabile e torno a rammaricarmi della mia sventura.
O natura, o natura perchè poi, cioè nell'età matura, non mantieni quello che hai promesso allora cioè nella giovinezza?perchè di tanto inganni i figli tuoi?
Tu, o Silvia, prima che l'inverno facesse morire con il gelo le erbe, moristi, o fragile creatura, assalita e vinta da una malattia nascosta nel tuo corpo.E non giungesti alla tua piena giovinezza, non fosti rallegrata lusingata dalla dolce lode per i tuoi neri capelli, o per i tuoi occhi innamorati e pieni di pudore, nè le amiche nei giorni di festa hanno parlato con te dei loro dolci sogni d'amore.
Di li a poco vennero meno anche le mie speranze di felicità:anche ai miei anni, alla mia vita, il destino negò di poter godere della giovinezza.Ahi , come sei irrimediabilmente passata, cara compagna della mia giovinezza, mia speranza sei sempre rimpianta!
Questo è dunque quel mondo tanto immaginato, sognato nella giovinezza?Sono questi i piaceri l'amore, le attività dell uomo, gli avvenimenti di cui tanto parlammo insieme?
Questa è la sorte dell umano genti?
All'apparire dell'amara verità della vita, tu o speranza, misera perchè illusoria, svanisti:e da lontano indicasti il gelo della morte e una tomba disadorna e dimenticata.

per gianluca the boss

Ehi complimenti!!!
Hai mai avuto un ottimo on line?
Appena adesso ne hai collezionato uno.
Sono molto orgogliosa e soddisfatta.
La prof da "sopprimere"
Antonella Tiralosi
P.S. L'altro argomento per il compito è Gandhi

Versione in prosa de "L'infinto" di Giacomo Leopardi con tanto di spiegazione (fatta da me)

Ho diviso la prosa in parti per poterla spiegare piu chiaramente.

1 Sempre caro mi fu questo colle solitario (si parla del monte Tabor), e questa siepe, che impedisce al mio sguardo di vedere un lungo tratto dell'orizzonte estremo.
2 Ma sedendomi e guardando, immagino spazi infiniti al di là di quella ("quella" si riferisce alla siepe), silenzi al di là della conoscenza umana e pace profondissima, tanto che in quegli spazi e in quel silenzio per poco il mio cuore non si smarrisce. 3 E non appena sento il rumore del vento fra le piante, io paragono il silenzio dell'infinito a quel rumore: e mi viene in mente l'eternità del tempo, e l'età trascorse, e quella presente che pulsa di vita con il fragore dei suoi avvenimenti. 4 Cosi il mio pensiero si abbandona tra questa immensità: è dolce perdermi, abbandonarmi in questo mare dell'infinito.

Spiegazione:

1)Nella prima parte Leopardi parla del suo "blocco" visivo puntualizzando che aveva il monte Tabor e una siepe che gli impedivano la vista.

2)Qui Leopardi ci spiega che nonostante gli ostacoli visivi, lui riusciva a guardare oltre con l'immaginazione. Immaginava spazi e silenzi indefiniti e una pace assolutamente profonda. Addirittura dice di immergersi talmente tanto in quei pensieri, che per poco il cuore non ci si smarrisce.

3)Leopardi mentre è immerso nei pensieri sente il rumore delle piante e attribuisce a quel rumore il silenzio dell'infinito. Questo rumore inoltre li fa venire in mente lo scorrere infinito del tempo.

4)Questa è la parte finale. Leopardi ci dice come per lui sia piacevole immaginare e "naufragare" nei suoi pensieri.

Spero di essere stato chiaro e avervi aiutato a capire meglio questa lirica di Leopardi.

Gianluca the boss

Compito di Italiano

Bene...mercoledi 24 ottobre faremo il compito di italiano. Gli argomenti sono 3: Giacomo Leopardi,per chi ha studiato sara un gioco da ragazzi visto che lo facciamo dall'inizio della scuola. Di Leopardi penso che dovremmo dire le opere e la poetica e poi le due opere studiate cioe "L'infinito", poesia in cui Leopardi mette tutta la sua immaginazione e "A Silvia"opera poetica in cui Leopardi esprime i suoi sentimenti d'amore verso Silvia o meglio dire Teresa Fattorini (mi sembra si chiamasse cosi...) e la rabbia che provò quando essa mori cosi giovane e piena di speranze...poi penso che dovremmo inserire anche dei commenti sulle due operette morali di cui la prof ci ha parlato cioè l'incontro tra il folletto e lo gnomo (non ricordo il titolo) e del "Dialogo della Natura e di un Islandese"...questo per quanto riguarda Leopardi. poi dovremmo parlare dell'Afghanistan (si scrive cosi?) e della condizione sociale delle donne...e per finire parlaremo del mahatma (grande anima) Gandhi, di cui abbiamo studiato "la marcia del sale"
Gianluca the boss

martedì 16 ottobre 2007

la nostra classe

Ciao sono Gianluca, e, adesso che sono guarito, vi presento la mia classe.
La nostra mitica terza C è formata da sedici alunni la cui età va dal 1993 al 1995.
Nella nostra classe l'aria è "movimentata" e "frizzantina" ma si alterna a momenti di calma e tranquillità.
A livello didattico siamo nella media , nè troppo scarsi e nemmeno troppo bravi, però siamo pieni di buona volontà (chi più e chi meno) e voglia di crescere e maturare, sia in senso didattico che sociale e democratico. La nostra fortuna è quella di avere degli ottimi insegnanti, pronti a capirci sempre, ad aiutarci e a guidarci verso una strada faticosa come quella della nostra vita futura.
Intanto quest'anno abbiamo un traguardo importante che è quello degli esami. Propongo dunque di documentare il nostro percorso anche in vista di ciò che vogliamo dimostrare: CHE SIAMO IN GAMBA, che possiamo fare grandi cose...e che siamo disposti a dare il meglio di noi stessi. Magari, però, dateci tregua!!!!!
Gianluca
Domani la professoressa ci interoga, professoressa
sia buona ci metta ottimo a tutti per favore noi abbiamo
studiato assai la pregooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Filippo
Ho letto il dialogo della natura e di un islandese e devo dire che è carino anche se ho letto solo il riassunto!!!anche se non ho capito perche l'islandese si sentiva perseguitato dalla natura!!!a proposito del dialogo devo dire che la prof Tiralosi ha assegnato troppi compiti per domani, ha assegnato la versione in prosa a Silvia che è lunghissima a me è venuta tre pagine!!!poi oggi mi devo ripassare le opere e le idee e la poetica e in piu mi devo anche fare gli esercizi mii!!!

Giamyilgrande

sabato 13 ottobre 2007

immagine taroccata


Edvard Munch, L'urlo, 1885

L'urlo e' il piu' celebre quadro di Munch ed è, in assoluto, uno dei piu' famosi dell'espressionismo nordico. In esso e' condensata tutta l'angoscia che l'artista Munch avverte nei confronti della vita.
E se invece ce l'aveva con qualcuno?

le vostre "sudate carte"

cari fanciulli
come promesso, per voi e solo per voi, il materiale di studio su Leopardi
Buon divertimento :)

DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE

RIASSUNTO

Un islandese, dopo aver esplorato molte terre, si ritrovò a capo di Buona Speranza, dove la sua attenzione venne catturata da un’inquietante figura femminile che scoprì essere la Natura.
Il dialogo che si instaurò tra i due, portò l’islandese a raccontare il motivo di questo suo viaggio: provava un profondo odio verso la Natura e proprio da lei stava fuggendo.
Sostenne che tutte le pene, le difficoltà e la tristezza dell’uomo e di tutti gli esseri viventi dipendessero unicamente da lei, che li aveva creati e condannati a questa vita di sofferenze. La risposta che ricevette gli spiegò quanto alla Natura poco importasse dei viventi; le azioni da lei compiute non erano volte ad agevolare o danneggiare una creatura in particolare, poiché il mondo non era stato creato per loro. Ciò non fu ammissibile per l’islandese, che chiedeva più protezione alla donna, poiché lei era l’artefice della loro nascita e a lei spettava il compito di rendere la loro vita più gradevole. L’ultimo monito che la Natura rivolse all’uomo fu quello di non aver considerato il fatto che la vita dell’universo fosse inscindibile dai mali e dalle sofferenze presenti in esso.
Dopo aver domandato alla Natura a chi giovasse questa vita in felicissima dell’universo, l’islandese morì. Due sono le versioni che si narrano sulla sua morte: la prima afferma che venne divorato da due leoni; la seconda che un forte vento si levò mentre ancora stava parlando, facendolo cadere. Sommerso poi dalla sabbia, divenne mummia e, trovato da alcuni viaggiatori, venne collocato in un museo in Europa.

ESPRESSIONI CHIAVE

Islandese. “…disperato dei piaceri, come di cosa negata alla nostra specie, non mi proposi altra cura che di tenermi lontano dai patimenti.”

Islandese. “…è quanto dire che tu dai ciascun giorno un assalto e una battaglia formata a quegli abitanti, non rei verso te di nessun’ingiuria.”

Islandese. “…l’uso di esso piacere sia quasi di tutte le cose umane la più nociva alle forze e alla sanità del corpo, la più calamitosa negli effetti in quanto a ciascheduna persona, e la più contraria alla curabilità della stessa vita.”

Islandese. “… il tempo amaro e lugubre della vecchiezza; vero e manifesto male, anzi cumulo di mali e di miserie gravissime; e questo tuttavia non accidentale, ma destinato da te per legge a tutti i generi de’ viventi …”

Natura. “Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?”

Natura. “E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.”

DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE



Un Islandese, che era corso per la maggior parte del mondo, e soggiornato in diversissime terre; andando una volta per l'interiore dell'Affrica, e passando sotto la linea equinoziale in un luogo non mai prima penetrato da uomo alcuno, ebbe un caso simile a quello che intervenne a Vasco di Gama nel passare il Capo di Buona speranza; quando il medesimo Capo, guardiano dei mari australi, gli si fece incontro, sotto forma di gigante, per distorlo dal tentare quelle nuove acque. Vide da lontano un busto grandissimo; che da principio immaginò dovere essere di pietra, e a somiglianza degli ermi colossali veduti da lui, molti anni prima, nell'isola di Pasqua. Ma fattosi più da vicino, trovò che era una forma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto, appoggiato il dosso e il gomito a una montagna; e non finta ma viva; di volto mezzo tra bello e terribile, di occhi e di capelli nerissimi; la quale guardavalo fissamente; e stata così un buono spazio senza parlare, all'ultimo gli disse.
Natura. Chi sei? che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era incognita?
Islandese. Sono un povero Islandese, che vo fuggendo la Natura; e fuggitala quasi tutto il tempo della mia vita per cento parti della terra, la fuggo adesso per questa.
Natura. Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da se medesimo. Io sono quella che tu fuggi.
Islandese. La Natura?
Natura. Non altri.
Islandese. Me ne dispiace fino all'anima; e tengo per fermo che maggior disavventura di questa non mi potesse sopraggiungere.
Natura. Ben potevi pensare che io frequentassi specialmente queste parti; dove non ignori che si dimostra più che altrove la mia potenza. Ma che era che ti moveva a fuggirmi?
Islandese. Tu dei sapere che io fino nella prima gioventù, a poche esperienze, fui persuaso e chiaro della vanità della vita, e della stoltezza degli uomini; i quali combattendo continuamente gli uni cogli altri per l'acquisto di piaceri che non dilettano, e di beni che non giovano; sopportando e cagionandosi scambievolmente infinite sollecitudini, e infiniti mali, che affannano e nocciono in effetto; tanto più si allontanano dalla felicità, quanto più la cercano. Per queste considerazioni, deposto ogni altro desiderio, deliberai, non dando molestia a chicchessia, non procurando in modo alcuno di avanzare il mio stato, non contendendo con altri per nessun bene del mondo, vivere una vita oscura e tranquilla; e disperato dei piaceri, come di cosa negata alla nostra specie, non mi proposi altra cura che di tenermi lontano dai patimenti. Con che non intendo dire che io pensassi di astenermi dalle occupazioni e dalle fatiche corporali: che ben sai che differenza e dalla fatica al disagio, e dal viver quieto al vivere ozioso. E già nel primo mettere in opera questa risoluzione, conobbi per prova come egli e vano a pensare, se tu vivi tra gli uomini, di potere, non offendendo alcuno, fuggire che gli altri non ti offendano; e cedendo sempre spontaneamente, e contentandosi del menomo in ogni cosa, ottenere che ti sia lasciato un qualsivoglia luogo, e che questo menomo non ti sia contrastato. Ma dalla molestia degli uomini mi liberai facilmente, separandomi dalla loro società, e riducendomi in solitudine: cosa che nell'isola mia nativa si può recare ad effetto senza difficoltà. Fatto questo, e vivendo senza quasi verun'immagine di piacere, io non poteva mantenermi però senza patimento: perché la lunghezza del verno, l'intensità del freddo, e l'ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliavano di continuo; e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran parte del tempo, m'inaridiva le carni, e straziava gli occhi col fumo; di modo che, né in casa né a cielo aperto, io mi poteva salvare da un perpetuo disagio. Né anche potea conservare quella tranquillità della vita, alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il sospetto degl'incendi, frequentissimi negli alberghi, come sono i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turbarmi. Tutte le quali incomodità in una vita sempre conforme a se medesima, e spogliata di qualunque altro desiderio e speranza, e quasi di ogni altra cura, che d'esser quieta; riescono di non poco momento, e molto più gravi che elle non sogliono apparire quando la maggior parte dell'animo nostro è occupata dai pensieri della vita civile, e dalle avversità che provengono dagli uomini. Per tanto veduto che più che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d'impedire che l'esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m'inquietassero e tribolassero; mi posi a cangiar luoghi e climi, per vedere se in alcuna parte della terra potessi non offendendo non essere offeso, e non godendo non patire. E a questa deliberazione fui mosso anche da un pensiero che mi nacque, che forse tu non avessi destinato al genere umano se non solo un clima della terra (come tu hai fatto a ciascuno degli altri generi degli animali, e di quei delle piante), e certi tali luoghi; fuori dei quali gli uomini non potessero prosperare né vivere senza difficoltà e miseria; da dover essere imputate, non a te, ma solo a essi medesimi, quando eglino avessero disprezzati e trapassati i termini che fossero prescritti per le tue leggi alle abitazioni umane. Quasi tutto il mondo ho cercato, e fatta esperienza di quasi tutti i paesi; sempre osservando il mio proposito, di non dar molestia alle altre creature, se non il meno che io potessi, e di procurare la sola tranquillità della vita. Ma io sono stato arso dal caldo fra i tropici, rappreso dal freddo verso i poli, afflitto nei climi temperati dall'incostanza dell'aria, infestato dalle commozioni degli elementi in ogni dove. Più luoghi ho veduto, nei quali non passa un dì senza temporale: che è quanto dire che tu dai ciascun giorno un assalto e una battaglia formata a quegli abitanti, non rei verso te di nessun'ingiuria. In altri luoghi la serenità ordinaria del cielo è compensata dalla frequenza dei terremoti, dalla moltitudine e dalla furia dei vulcani, dal ribollimento sotterraneo di tutto il paese. Venti e turbini smoderati regnano nelle parti e nelle stagioni tranquille dagli altri furori dell'aria. Tal volta io mi ho sentito crollare il tetto in sul capo pel gran carico della neve, tal altra, per l'abbondanza delle piogge la stessa terra, fendendosi, mi si è dileguata di sotto ai piedi; alcune volte mi è bisognato fuggire a tutta lena dai fiumi, che m'inseguivano, come fossi colpevole verso loro di qualche ingiuria. Molte bestie salvatiche, non provocate da me con una menoma offesa, mi hanno voluto divorare; molti serpenti avvelenarmi; in diversi luoghi è mancato poco che gl'insetti volanti non mi abbiano consumato infino alle ossa. Lascio i pericoli giornalieri, sempre imminenti all'uomo, e infiniti di numero; tanto che un filosofo antico non trova contro al timore, altro rimedio più valevole della considerazione che ogni cosa è da temere. Né le infermità mi hanno perdonato; con tutto che io fossi, come sono ancora, non dico temperante, ma continente dei piaceri del corpo. Io soglio prendere non piccola ammirazione considerando che tu ci abbi infuso tanta e sì ferma e insaziabile avidità del piacere; disgiunta dal quale la nostra vita, come priva di ciò che ella desidera naturalmente, è cosa imperfetta: e da altra parte abbi ordinato che l'uso di esso piacere sia quasi di tutte le cose umane la più nociva alle forze e alla sanità del corpo, la più calamitosa negli effetti in quanto a ciascheduna persona, e la più contraria alla durabilità della stessa vita. Ma in qualunque modo, astenendomi quasi sempre e totalmente da ogni diletto, io non ho potuto fare di non incorrere in molte e diverse malattie: delle quali alcune mi hanno posto in pericolo della morte; altre di perdere l'uso di qualche membro, o di condurre perpetuamente una vita più misera che la passata; e tutte per più giorni o mesi mi hanno oppresso il corpo e l'animo con mille stenti e mille dolori. E certo, benché ciascuno di noi sperimenti nel tempo delle infermità, mali per lui nuovi o disusati, e infelicità maggiore che egli non suole (come se la vita umana non fosse bastevolmente misera per l'ordinario); tu non hai dato all'uomo, per compensarnelo, alcuni tempi di sanità soprabbondante e inusitata, la quale gli sia cagione di qualche diletto straordinario per qualità e per grandezza. Ne' paesi coperti per lo più di nevi, io sono stato per accecare: come interviene ordinariamente ai Lapponi nella loro patria. Dal sole e dall'aria, cose vitali, anzi necessarie alla nostra vita, e però da non potersi fuggire, siamo ingiuriati di continuo: da questa colla umidità, colla rigidezza, e con altre disposizioni; da quello col calore, e colla stessa luce: tanto che l'uomo non può mai senza qualche maggiore o minore incomodità o danno, starsene esposto all'una o all'altro di loro. In fine, io non mi ricordo aver passato un giorno solo della vita senza qualche pena; laddove io non posso numerare quelli che ho consumati senza pure un'ombra di godimento: mi avveggo che tanto ci è destinato e necessario il patire, quanto il non godere; tanto impossibile il viver quieto in qual si sia modo, quanto il vivere inquieto senza miseria: e mi risolvo a conchiudere che tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti; e che, per costume e per instituto, sei carnefice della tua propria famiglia, de' tuoi figliuoli e, per dir così, del tuo sangue e delle tue viscere. Per tanto rimango privo di ogni speranza: avendo compreso che gli uomini finiscono di perseguitare chiunque li fugge o si occulta con volontà vera di fuggirli o di occultarsi; ma che tu, per niuna cagione, non lasci mai d'incalzarci, finché ci opprimi. E già mi veggo vicino il tempo amaro e lugubre della vecchiezza; vero e manifesto male, anzi cumulo di mali e di miserie gravissime; e questo tuttavia non accidentale, ma destinato da te per legge a tutti i generi de' viventi, preveduto da ciascuno di noi fino nella fanciullezza, e preparato in lui di continuo, dal quinto suo lustro in là, con un tristissimo declinare e perdere senza sua colpa: in modo che appena un terzo della vita degli uomini è assegnato al fiorire, pochi istanti alla maturità e perfezione, tutto il rimanente allo scadere, e agl'incomodi che ne seguono.
Natura. Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.
Islandese. Ponghiamo caso che uno m'invitasse spontaneamente a una sua villa, con grande instanza; e io per compiacerlo vi andassi. Quivi mi fosse dato per dimorare una cella tutta lacera e rovinosa, dove io fossi in continuo pericolo di essere oppresso; umida, fetida, aperta al vento e alla pioggia. Egli, non che si prendesse cura d'intrattenermi in alcun passatempo o di darmi alcuna comodità, per lo contrario appena mi facesse somministrare il bisognevole a sostentarmi; e oltre di ciò mi lasciasse villaneggiare, schernire, minacciare e battere da' suoi figliuoli e dall'altra famiglia. Se querelandomi io seco di questi mali trattamenti, mi rispondesse: forse che ho fatto io questa villa per te? o mantengo io questi miei figliuoli, e questa mia gente, per tuo servigio? e, bene ho altro a pensare che de' tuoi sollazzi, e di farti le buone spese; a questo replicherei: vedi, amico, che siccome tu non hai fatto questa villa per uso mio, così fu in tua facoltà di non invitarmici. Ma poiché spontaneamente hai voluto che io ci dimori, non ti si appartiene egli di fare in modo, che io, quanto è in tuo potere, ci viva per lo meno senza travaglio e senza pericolo? Così dico ora. So bene che tu non hai fatto il mondo in servigio degli uomini. Piuttosto crederei che l'avessi fatto e ordinato espressamente per tormentarli. Ora domando: t'ho io forse pregato di pormi in questo universo? o mi vi sono intromesso violentemente, e contro tua voglia? Ma se di tua volontà, e senza mia saputa, e in maniera che io non poteva sconsentirlo né ripugnarlo, tu stessa, colle tue mani, mi vi hai collocato; non è egli dunque ufficio tuo, se non tenermi lieto e contento in questo tuo regno, almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l'abitarvi non mi noccia? E questo che dico di me, dicolo di tutto il genere umano, dicolo degli altri animali e di ogni creatura.
Natura. Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione. Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da patimento.
Islandese. Cotesto medesimo odo ragionare a tutti i filosofi. Ma poiché quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell'universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono? Mentre stavano in questi e simili ragionamenti è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall'inedia, che appena ebbero forza di mangiarsi quell'Islandese; come fecero; e presone un poco di ristoro, si tennero in vita per quel giorno. Ma sono alcuni che negano questo caso, e narrano che un fierissimo vento, levatosi mentre che l'Islandese parlava, lo stese a terra, e sopra gli edificò un superbissimo mausoleo di sabbia: sotto il quale colui diseccato perfettamente, e divenuto una bella mummia, fu poi ritrovato da certi viaggiatori, e collocato nel museo di non so quale città di Europa.

venerdì 12 ottobre 2007

NOOOOOO!!!!!la prof Tiralosi per mercoledi ha assegnato un sacco d compiti!!dobbiamo ripassare Giacomo Leopardi e le sue poesieee!!ha assegnato il dialogo della natura e di un islandese, le opere, la poetica, le versioni in prosa delle poesie e gli eserciziiii!!!pag 123 dal n. 1 al n. 5.
0ggi a scuola con la prof abbiamo parlato per mezz'ora e abbiamo discusso sul nostro comportamento !!!
e qualche argomento trattato...di cui è meglio non riferire sul blog...ha suscitato qualche risata tra i compagni!!!
meno male che la prof ha la password del blog....altrimenti.....
Giamy il grande

L'UTOPIA

L'UTOPIA HA UN SENSO.
LEI E' L'ORIZZONTE
MI AVVICINO DI DUE PASSI,
LEI SI ALLONTANA DI DUE PASSI.
CAMMINO PER DIECI PASSI
E L'ORIZZONTE SI SPOSTA PIU' IN LA'.
PER QUANTO IO CAMMINI
NON LA RAGGIUNGERO' MAI.
A CHE SERVE L'UTOPIA?
SERVE PROPRIO A QUESTO.
A CAMMINARE
(Attanasio)

buon anno scolastico
la prof di Italiano

giovedì 11 ottobre 2007

primo post

questo è il nostro primo post
però....siccome gianluca ha la febbre.... rimandiamo la presentazione alla prossima volta